(da La Rassegna Mensile di Israel, terza serie, Vol. 38, No. 11/12 ,Novembre-Dicembre 1972,pp. 584-617)
A cento anni dalla nascita e cinquanta dalla scomparsa terrena 1917 - 2017
RAV BRUNO G. POLACCO : LA BIOGRAFIA
Bruno Polacco nacque il 23 dicembre 1917 ( 8 teveth 5678) a Cesenatico, dove la famiglia era stata costretta a rifugiarsi in seguito alla prima guerra mondiale. Rimasto orfano di madre ed essendo il padre richiamato alle armi, fu affidato alla zia paterna, che lo allevò come un figlio. La sua educazione e la sua formazione avvennero perciò a Venezia, a contatto, soprattutto, con l'ambiente del ghetto presso San Girolamo, dove le ataviche tradizioni sapevano ancora garantire l'antica solidarietà ebraica.
Dimostrata, fin dagli anni dell'adolescenza, una spiccata propensione per gli studi rabbinici, fu avviato e favorito in tal direzione dall'allora rabbino di Venezia Adolfo Ottolenghi z.l. Furono, per Rav Polacco, anni di fattiva partecipazione alla vita comunitaria, soprattutto nei centri giovanili e presso il Circolo Ebraico Veneziano, una delle istituzioni allora più importanti della Venezia ebraica.
Terminate le scuole superiori, passò al Collegio Rabbinico a Roma, dove, compagno di studi di Augusto Segre z.l., ebbe come docenti Umberto Cassuto z.l. e Dante Lattes z.l. e dove conseguì il titolo di maskil, prima di tornare definitivamente a Venezia, per assumere la carica di hazzan e per aiutare il proprio maestro Ottolenghi, affetto, negli ultimi anni della sua vita, da cecità. Riprese, così, i contatti con il Circolo Ebraico, e, stimolato dalla presenza di una filodrammatica attiva e applaudita, tentò la via del teatro dialettale, scrivendo, nel 1939, Quarant'anni fa, commedia nella quale riuscì a ricostruire, con grande abilità, la vecchia parlata del ghetto veneziano, i cui residui aveva ascoltato, da bambino, dalla bocca degli ultimi utenti della generazione a lui precedente.
Sfuggito alle persecuzioni razziali, riassunse la carica di hazzan e di vice rabbino, prima con Rav Relles z.l., poi con Rav Elio Toaff, che gli fu sincero amico, e si prodigò per la rinascita della Filodrammatica Ebraica Veneziana per la quale produsse alcuni nuovi copioni, rimasti inediti. Dapprima furono semplici canovacci, scritti in occasione della festa di Purim, come Scherzeto de mascare o I boresi del '700; poi il disegno si fece più ambizioso e portò alla stesura di due testi di notevole spessore: Giobbe, di cui è giunto a noi solo il primo atto, e, nel 1950, I due shnorrers, tratto dalla celebre opera di Zangwill.
L'attività teatrale e l'impegno come insegnante nella rinata scuola ebraica non fecero, tuttavia, trascurare gli studi biblici e talmudici. Conseguito, pertanto, il titolo rabbinico (suo maestro, amato e venerato, era intanto divenuto Rav Alfredo S. Toaff, rabbino di Livorno), assunse, nel 1953, la sua prima cattedra come Rabbino Capo a Ferrara, dove, dopo il matrimonio con Nella Fortis, rimase per sette anni, attivo nel risollevare le sorti della comunità che fu di Isacco Lampronti, ma dedicandosi anche a ricerche storiche e archivistiche. Tra i suoi studi, rimasti anche questi inediti, va ricordato un documentato saggio su L'Università degli uomini lusitani di Ferrara e un'ampia analisi su La comunità di Ferrara e il suo Talmud Tora dalle origini a Isacco Lampronti.
Nel 1960, quando il suo maestro Alfredo S. Toaff lo volle con sé, lasciò Ferrara e si trasferì a Livorno, dove, nel 1963, assunse la carica di Rabbino Capo, amato e stimato dai suoi correligionari. Continuò ad affiancare all'attività rabbinica il suo impegno in studi linguistici e filologici, ponendo, tra l'altro, mano a un dizionario della lingua ebraica, del quale restano i lemmi delle prime due lettere, e pubblicò uno studio su Abravanello Giudeo. Numerose le altre opere alle quali stava attendendo, quando la morte lo colse immaturamente all'età di soli cinquanta anni. Era il 29 di nissan 5727.
(Tratto da: Umberto Fortis, Il ghetto in scena, Roma, Carucci, 1989, con tagli)
lunedì 25 dicembre 2017
QUARANT'ANNI FA, commedia in "giudaico-veneziano" di Rav Bruno G. Polacco, zl, a cento anni dalla nascita
(da La Rassegna Mensile di Israel, terza serie, Vol. 38, No. 11/12 ,Novembre-Dicembre 1972,pp. 584-617)
martedì 26 settembre 2017
KIPPUR 1955 ( 26 settembre) – 5716, di Rav Bruno G.Polacco. zl
KIPPUR 1955 ( 26 settembre) – 5716
Trascrizione degli appunti manoscritti per il discorso di Rav Bruno G.Polacco,zl,nel Tempio di Ferrara.
Intervento molto sionistico ed esplicitamente invitante all'azione unita alla preghiera, con spunto da un messaggio del Rabbino Capo d'Israele Rav Herzog. Forti riferimenti all'attualità della vita dello Stato d'Israele e al problema degli ebrei nordafricani sottoposti persecuzioni e pericoli. Se lo stile è tipico dei tempi, il messaggio appare comunque piuttosto concreto.Non tutti i termini in ebraico sono stati riportati.
שלחו מתם
"Hanno mandato a dire di là". Memore di questa concisa espressione che, fin dai lontani tempi in cui – per nostra disgrazia – ebbe inizio la Diaspora ricorre soventemente nel dialogo dei talmudisti a significare che ogni insegnamento proveniente da Erez Israel non solo dev'essere oggetto di attento studio, ma deve assurgere a norma ispiratrice e regolatrice della vita del nostro popolo, ritengo indicato nella giornata purificatrice che ci apprestiamo ad iniziare,leggere e commentare – non tanto nel suo aspetto sionistico che non richiede commento, quanto nel significato etico-religioso che lo permea – il messaggio che in occasione dei "giorni penitenziali" il Rabbino Primate d'Israele, Rav Herzog, ha inviato ai Rabbini e Capi delle Comunità italiane.
(messaggio)
Come ho detto poc'anzi, l'aspetto sionistico del messaggio non richiede commento : è chiarissimo! Lo Stato ebraico, nella terra che Dio ha dato in retaggio ai nostri padri e ai loro discendenti è oggi una realtà meravigliosa e tangibile di cui per volontà dell'Altissimo beneficiamo e che, se vorremo e sapremo conservare si perpetuerà; il paese per eccellenza, unico sicuro ricetto in cui la nostra gente potrà guardare con fiduciosa speranza all'avvenire, fecondato dall'ebraico lavoro tornerà a stillare latte e miele come in antico.
Quello che invece va approfondito è un concetto appena accennato eppure sempre affiorante nelle parole di Rav Herzog – che si riallaccia alla più pura tradizione ebraica : il concetto della pietà , della misericordia, dell'umana solidarietà che sempre deve ispirare il pensiero e l'opera dell'uomo ebreo. Rav Herzog, da Rabbino strettamente osservante, nel rivolgersi al Rabbinato e ai preposti amministrativi dell'Ebraismo italiano non poteva limitarsi a parlare dell'ideale nazionale e della ricostruzione materiale di Erz Israel.
Indirizzandosi a noi, doveva richiamarsi a quel dovere religioso-morale che per prima la Torà insegnò al mondo e i Rabbini non esitarono a dichiarare il fulcro di essa : l'altruismo.
Infatti narra il Talmud che Illel, il dotto ebreo di origine babilonese dai piedi piatti e dal cranio quadrato,a un gentile che faceva dipendere la propria conversione all'ebraismo dalla possibilità di imparare tutta la Torà nel breve lasso di tempo in cui avrebbe potuto reggersi su di un solo piede,rispose : "Ama per il tuo prossimo ciò che ameresti per te stesso. Questa è tutta la Torà; il resto è commento. Va e studia".
Nel loro pittoresco linguaggio, i talmudisti affermano ( frase in ebraico – ndr) : "ciò che dà sapore a un intero piatto di verdure è un piccolo granellino di pepe forte" e Rav Herzog ricalcando il loro stile linguistico con una frase incastonata nel testo del suo messaggio dice : " la misericordia è concessa a coloro che sono misericordiosi" come a dire; lo Stato è risorto ,la ricostruzione è in atto , ma se questo sublime precetto d'amore non fosse stato continuamente e generosamente applicato, lo Stato sarebbe ancora un nostalgico sogno bi millenario e la resurrezione dell'Ishuv una chimera!
I risultati brillanti ed affascinanti conseguiti fino ad oggi sono si dovuti alla meravigliosa opera dei nostri pionieri, ma – rammentiamocelo sempre – se quest'opera non fosse stata appoggiata dalla vostra solidarietà, l'avverarsi della nostra tenace speranza sarebbe ancora ben lontana .
Attuando il Divino precetto dell'amore per il prossimo siete dunque partecipi – come lo furono ai tempi di Ezra coloro che rimasero in Babilonia ma aiutarono i loro fratelli rientrati in Patria – della resurrezione della nostra terra.
Continuate dunque a praticare a profusione questa mizvà (precetto – ndr) sì da poterne godere a vostra volta i benefici qualora ce ne sia bisogno.
Questo, il concetto da approfondire di cui è pregno tutto il messaggio del Gran Rabbino israeliano.
Ma non è questo il solo elemento degno di nota.
Affiorano anche altri elementi umano-religiosi che si affiancano al tema principale della dedizione altruistica per il prossimo.
Per brevità ne accenno tre :
- Il rispetto della dignità umana che non consente – poiché l'uomo è creato in assomiglianza a Dio – di infliggere a chi necessita del nostro aiuto , umiliazione alcuna che degrada la personalità umana e offende Colui che l'ha creata. Per questo, concezione assolutamente ebraica, l'oblazione è denominata צדקה "zedakà" , atto di giustizia , doveroso gesto di solidarietà che compie chi è favorito dalla sorte con chi non lo è. Fulgidi esempi di sublime pietà pullulano nei testi tradizionali. Basti citarne uno,arcinoto, quello dato da Rav Chasdà che per non causare vergogna ai poveri della sua città appendeva dietro alle spalle una borsa piena di monete ed essi liberamente attingevano. Impoveritosi a lungo andare gli fu resa מצוה מצוה כנגד
Fu trattato con pari rispetto, perché i conoscenti che lo vedevano passare lo richiamavano e porgendogli delle monete gli dicevano che erano cadute dalle sue tasche;
- Il premio conseguente al gesto compiuto : chi aiuta il prossimo si premunisce dell'immancabile aiuto di cui potrà avere bisogno e si assicura in pari tempo la benedizione dell'Eterno;
- L'intenzionale ed istretta connessione del messaggio e del suo contenuto con le ricorrenze che cadono nel mese di Tishrì- chiamato anche "Yerach ha- Etanim " (ndr- periodo dei Saldi, dei Patriarchi) poichè in esso hanno avuto i natali i 3 Patriarchi che si distinsero per la pietà che ispirò la loro vita- e in particolare Rosh ha-shanà e Chipur , le giornate cioè in cui eleviamo fervide le preghiere penitenziali al Padrone dell'Universo per implorare la remissione delle nostre colpe.Non a caso Rav Herzog ha scelto questo periodo di intensa attività spirituale e di interiore travaglio per invocare col suo appello la nostra fraterna solidarietà.
Lo Stato israeliano ha bisogno di essere sostenuto e potenziato nell'opera di ricostruzione e di difesa dai nemici che lo attorniano, un nuovo grande problema , di ora in ora,diventa tragicamente pressante : 40.000 ebrei nordafricani devono essere portati in salvo prima che gran parte di essi subisca ulteriori persecuzioni e il numero già forte delle vittime aumenti.
Tre sono i mezzi che insieme concorrono ad assicurare il perdono : la "teshuvà", il pentimento ; la "tefillà",la preghiera; la "zedakà", la beneficenza e con le parole del suo messaggio egli suggerisce di accompagnare al pentimento e alle preghiere di queste impegnative giornate cospicue elargizioni che creino meriti valevoli ad ottenere l'invocato perdono.
Ascoltate signori questa voce autorevole che viene dalla terra avita e rammentando che anche voi in tempi non lontani siete stati costretti a vagare in cerca di un rifugio e a dover ricorrere all'aiuto altrui,elevate a norma abituale l'adempimento del precetto di amare per il prossimo ciò che amereste per voi stessi, perché alla fine del digiuno che abbiamo iniziato alta risuoni la voce profetica che annuncia in nome dell'Eterno il perdono ad Israele :
הבן יקיר לי אפרים אם ילד שעשעים כי מדי דברי בו זכר אזכרנו עוד על כן המו מעי לו רחם ארחמנו נאם יהוה
"Efraim è per me un caro figlioletto; un bimbo delizioso; fin da quando parlai con lui l'ho sempre nel cuore;per lui si commuovono le mie viscere : del tutto lo racconsolerò, dice l'Eterno, amèn!"
martedì 19 settembre 2017
ROSH HA-SHANA' (Capodanno Ebraico) 5727-1966 : bozza del discorso per la ricorrenza di Rav Bruno G. Polacco,zl
Bozza del testo usato per il discorso di Rosh Ha-shanà 5727 (1966), tenuto quindi nel Tempio di Livorno. Non è stata trovata una "bella copia" o "versione definitiva" che dir si voglia e forse questa è l'unica versione,definita poi a voce, del testo. Una testimonianza in originale di come si preparavano,in tempi nei quali i computer non consentivano facili correzioni e variazioni, gli interventi.